IL NEMICO ERA COME NOI
Modi di dire
Modi di dire che derivano da situazioni ed eventi della Grande Guerra
1 – Rompere le scatole
Nel gergo comune l’espressione viene usata quando qualcuno interrompe una cosa che stiamo facendo con argomenti che non ci interessano o che ci danno fastidio. La frase ha origine nella Prima Guerra Mondiale. I soldati in trincea avevano anche momenti di tranquillità, momenti in cui si potevano dedicare ad attività personali come scrivere o leggere una lettera della moglie o fidanzata. Se in uno di quei momenti venivano attaccati dal nemico l’ufficiale che li comandava dava l’ordine di sparare preceduto dal “rompete le scatole” perché le pallottole dei fucili erano all’interno di scatole di cartone. Il momento non era certamente piacevole e per questo la frase è entrata nel lessico comune.
2 – Palle girate
Quando qualcuno ci infastidisce pesantemente o ci fa arrabbiare diciamo che ci ha fatto “girare le palle”, termine che tutti ritengono si riferisca agli organi genitali maschili. L’espressione invece trae origini nella Prima Guerra Mondiale. In quella guerra molti soldati avevano l’abitudine di girare al contrario le ogive dei colpi di fucile inserendole al contrario nel bossolo. Sparando l’ogiva, che nel gergo militare è chiamata “palla da fucile”, usciva al contrario e roteava su se stessa. Impattando su un corpo umano provocava ferite enormi ed effetti devastanti. La pratica, anche se usata dai soldati di tutti gli esercit, era proibita dalla Convenzione di Ginevra. Nel gergo attuale vuole significare: “smettila se no mi obblighi a fare un’azione cattiva, mi costringi a girare le palle”.
3- Cecchino
All’inizio della guerra i nostri soldati hanno l’abitudine di attribuire all’imperatore Francesco Giuseppe il nomignolo di “Cecco Beppe”. I soldati austriaci sono quindi i suoi figli minori cioè i “Cecchini” (i piccoli di Cecco). Impariamo però ben presto e a nostre spese che sono bravi a sparare e il dispregiativo diventa fin da subito sinonimo di tiratore scelto.
4 – Crucchi
Ai giorni nostri si attribuisce alle persone di origine tedesca il termine di crucco. Anche questa parola ha origine nella Prima Guerra Mondiale. Quando entriamo in guerra i nostri soldati hanno di fronte non solo gli austriaci ma anche altri popoli che fanno parte dell’impero, fra questi gli sloveni. I primi soldati sloveni, che facciamo prigionieri, hanno fame e chiedono del pane che nella loro lingua si dice “kruh”. I nostri soldati non conoscevano certamente lo sloveno, in molti casi nemmeno l’italiano, e fin da subito hanno storpiato la continua richiesta di “kruh, kruh” (pane, pane) in crucchi. Attribuendo poi tale nomignolo a tutti i tedeschi in generale.
5 – Andato di pattuglia
Fino a qualche anno fa quando qualcosa andava a male, soprattutto il cibo in cucina, lo si buttava dicendo “è andato di pattuglia”. Anche in questo caso l’origine risale alla Prima Guerra Mondiale. I soldati che venivano comandati di pattuglia dovevano spesso eseguire operazioni pericolose fin sotto le linee nemiche con risultati spesso nefasti; la cattura o ancor peggio il ferimento o l’uccisione erano frequenti. Va da se che era convinzione comune che chi andava di pattuglia non faceva ritorno e quindi era perso. L’espressione è stata traslata nella vita civile riferita a cose o cibi che si guastavano e quindi non più utilizzabili.
6 – Venire dalla gavetta
L’espressione veniva usata per quei soldati che per merito e per bravura venivano promossi al grado di sottoufficiali o ufficiali. Da soldati mangiavano nella gavetta (recipiente metallico) con la promozione il cibo gli veniva servito nei piatti. Il modo di dire, oggi come allora, sta ad indicare quelle persone che nella vita sociale o professionale hanno fatto carriera partendo dal gradino più basso.
7 – Portare a casa la ghirba
Sia nella guerra italo turca (1911-1912) che nella Prima Guerra Mondiale le nostre truppe che combattevano contro i turchi erano costrette ad operare in zone desertiche dove scarseggiava l’acqua. I pochi pozzi di approvvigionamento erano spesso tenuti sotto il tiro dei cecchini nemici con effetti nefasti per i soldati incaricati di prendere l’acqua. Chi tornava con la ghirba (secchio di tela impermeabile) piena d’acqua era riuscito a schivare il pericolo e ad aver salva la vita. Nella vita civile veniva usata per quelle persone che dopo lunghi periodi di malattia o di ospedalizzazione riuscivano a guarire.
8 – E’ un Togo
Il termine viene usato per quelle persone che mostrano doti di scaltrezza, intelligenza e furbizia. Il modo di dire nasce all’inizio del 1900 durante la guerra russo- nipponica (1904-1905) per il controllo della Manciuria e della Corea. In quel conflitto la marina russa molto più forte subì una clamorosa sconfitta da parte della piccola flotta della marina giapponese; al comando della flotta nipponica c’era l’ammiraglio Tògò Heihachirò. L’eco di questa impresa arrivò in tutto il mondo e si favoleggiò per anni su questa vittoria tanto che i cognome dell’ammiraglio giapponese Togo viene usato ancora per indicare una persona che sa fare cose in modo encomiabile, bene e con furbizia.
9 – Essere in trincea
La Prima Guerra Mondiale si dimostrò sin da subito una guerra di posizione e non una guerra di movimento come lo erano state tutte le guerre dei secoli precedenti e come era nella convinzione degli alti comandi. In questo nuovo scenario la trincea aveva un ruolo determinante. In queste decine di migliaia di chilometri di fossati i soldati operavano in condizioni pericolose e con estrema fatica. Ancora oggi il termine “essere in trincea” significa dover lavorare in condizioni estremamente difficili, esponendosi in prima persona e con la massima determinazione.
10 – E’ una Caporetto
Verso la fine di ottobre del 1917 le truppe austro-ungariche e tedesche diedero il via ad una pesante azione di controffensiva divenuta famosa come la battaglia di Caporetto (conosciuta anche come 12° battaglia dell’Isonzo). Lo scontro ebbe effetti devastanti sull’impreparato esercito italiano che in pochi giorni perse oltre 330.000 soldati (tra morti, feriti e prigionieri) e oltre 150 di terreno attestandosi sul Piave come estrema difesa. Da allora il termine “è una Caporetto” ha il significato figurato di disfatta ingloriosa, pesante sconfitta, fallimento, capitolazione, ecc.. Molto usato in ambito politico (in riferimento ad una batosta subita alle elezioni) e in quello sportivo (a seguito di una sconfitta particolarmente pesante e umiliante).