La cuntrèda ed mez
di Carla Montanari

Parecchi anni fa un signore entrò nella macelleria equina di Gianni Montaldi e chiese “Scusi, sto cercando Capobianco. Abita qui?” “Al guèrda chè in cuntrèda a gh’è di venet, di napoletan, di mantuan, mo di indian an n’ò ancora vest!”
Questa era la “cuntrèda ed mèz” , cuore del centro storico di Soliera.
A voler sottilizzare, la contrada di mezzo sarebbe quella che oggi si chiama via Gram-sci ma la sua anima e il suo umore si estendevano anche al breve tratto di via Don Minzoni che va dalla piazza a via Garibaldi. Una specie di T dove le finestre e le porte erano a ridosso, dove le voci, gli odori, gli umori, uscendo dalle quattro mura dome-stiche, arrivavano dritto dritto nella vita degli altri, dove ogni tipo di privacy era negata.
La privacy? Cus’éla la privacy?
Tutti sapevano tutto di tutti, si conosceva ogni forma, ogni piega, ogni punto debole ed ogni punto forte, si condividevano gioie e dolori.
E tutte queste vite che lambivano la tua, vite spesso scomode e difficili, non ti pesa-vano, creavano invece una specie di corazza che non era indifferenza ma la semplice accettazione di quello che è.
C’era la ragazza, ormai zitella, che aveva comperato la medaglietta con la “Madonna del dito” perché, come tutti sanno, “la Madonna del dito fa trovar marito!”
C’era la signora baffuta ed ardente che confessava di essere sempre pronta e desiderosa delle effusioni maritali mentre un’altra, alzando gli occhi al cielo, ammetteva con avvilimento la sua indifferenza al “fatto”.
C’era la Rosina una vecchietta mite e quasi cieca, dirimpettaia della Rusouna, un donnone pieno di energia e di voglia di scherzare: quante burle ha inflitto alla povera inerme Rosina!
C’era poi la bottega di alimentari dell’Ida dal lat dove ognuno, verso sera, munito del suo pentolino, andava a comperare il latte sfuso arrivato dritto dritto dal Caseificio (batteri compresi). La maggior parte delle persone andava a far spesa con il libretto. Il negoziante segnava l’importo della spesa sia nel libretto dell’acquirente sia in un identico libretto che teneva, insieme a tutti gli altri, in una cassettina posta sul banco.
Ogni tanto, quando le persone potevano finalmente disporre di un po’ di denaro, si faceva la somma, si pagava e si poteva tirare una riga che voleva dire “Se Dio vuole, fin qui ci siamo arrivati!” Molto spesso quella riga si tirava quando le donne torna-vano dalla risaia e si potevano pagare i debiti.
C’era la storica ferramenta di Fregni, specializzata in stufe, da cui il soprannome Stu-fino attribuito a Renzo, il titolare. L’intraprendente Stufino era anche l’agente di una assicurazione (forse la prima che comparve a Soliera), mi pare fosse l’Abeille.
Un giorno si presentarono in negozio, con l’immancabile borsa da pelle, due signori “Siamo i testimoni di Geova”. E la signora Zenaide, la moglie, che non li aveva mai sentiti nominare (anche loro erano agli albori) molto gentilmente si informò “ Geova el un c’al g’à avu un incideint?”
C’era poi la Pepina bionda o Pepina dagli òndi, di professione parrucchiera che era mia madre e c’ero io che ero bravissima ad imitare il belare delle pecore. Uno degli scherzi che la Rosouna infliggeva alla povera Rosina era proprio quello: mi faceva belare a più non posso e la Rosina, mezza cieca, imprecava contro i pastori che con le pecore in arrivo avrebbero sporcato tutta la contrada.
C’era Lello, un bimbo down, il bimbo della contrada. Lello aveva le sue regole e le sue rigidità, non tutti gli erano simpatici ma se entravi in sintonia, era dolce e diver-tente. Tutti gli volevano bene.
E c’era pure Capobianco, non era un indiano ma un avellinese. Rimase famoso il viaggio che fecero alla volta di Taurasi con un Ape furgonato, lui, la moglie di stazza ragguardevole e i due figlioletti. Tutta la contrada assistette ai preparativi ma la curiosità di sapere come si sarebbero sistemati per il viaggio non fu soddisfatta perché partirono nottetempo, lasciando ai posteri questo mistero. Una cosa è certa … tornarono sani e salvi!

 

 

 

Questa è la storica “cuntrèda ed mez” nell’asettico
nitore di oggi, ben lontana dal calore e dal colore che
esce da questo racconto.A fine ‘800 venne chiamata Via delle case nuove, oggi
si chiama via Gramsci.

 

 

 

 

Questa è l’attuale via Don Minzoni che entra a pieno titolo

nel racconto della contrada di mezzo con la quale forma una perfetta T.
A fine ‘800 venne battezzata Vicolo di mezzo, anche se, per tutti, la vera

“cuntrèda ed mez” era (ed è tuttora) l’altra.

 

 

 

E come dimenticare l’Old Mexico, la prima mitica pizzeria di Soliera!? Era un locale piccolo, fumoso e male illuminato, la qual cosa peraltro deponeva a suo favore. I primi tempi non avevano l’acqua corrente e quello che accadeva nel retro del ban-cone era bene che restasse protetto dal buio e dal nostro entusiasmo: era un grande lusso avere a Soliera l’Old Mexico che, per quanto ricordo, faceva comunque un’ottima pizza.

Tutto questo e tanto altro era “la cuntrèda ed mez”!